Per vendere in Cina non bastano gli strumenti tradizionali offline che metaforicamente associamo alla Barrique (simbolo del vino di ottima qualità) poiché il mercato cinese si nutre soprattutto di gigaByte (ecommerce, apps, social).

La notizia dei dazi sui vini australiani applicati dalla Cina (+200% sul valore dichiarato) ha richiamato l’attenzione sulle potenziali opportunità di versare più vino italiano nei calici dei cinesi.

(B)Barrique+ (B)Bytes.

Per essere vincenti serve, quindi, un progetto che sommi alla qualità della (B)Barrique i (B)Bytes generati dal marketing e dalla vendita in digitale = B+B

Qui troverai alcuni degli elementi da considerare per pianificare il tuo ingresso nel mercato cinese ed ottenere il risultato migliore della formula B+B (B)Barrique+ (B)Bytes.

Fino al 2019 gli Austrialiani erano i primi esportatori di vino in Cina anche perché beneficiavano di un accordo di libero scambio (China Australia Free Trade Agreement 2015). Dopo di loro vi sono i Francesi i Cileni e poi l’Italia.

Quindi, non c’è tempo per improvvisare una strategia di vendita e di investimenti che andrevve pianificata con largo anticipo per ottenere dei risultati soddisfacenti.

Sebbene gli eventi offline siano necessari, come dimostrato dal successo dell’evento Wine To Asia, tenotosi a Shenzhen e supportato dal @Consolato Generale d’Italia a Canton, in Cina è impensabile promuovere il proprio vino solo attraverso un wine tasting.

I grandi numeri delle vendite si muovono soprattutto attraverso i canali digitali più diffusi in Cina (wechat, tiktok etc..) coinvolgendo anche gli influenzer locali detti anche KOL (Key Opition Leader).

Marketing

Prima di partire con la comunicazione è necessario redigere un piano marketing pensato per il consumatore cinese e gestito da professionisti della comunicazione per la Cina. Questo per evitare “scivoloni” nella comunicazione che possano mandare in fumo gli investimenti fatti, come accaduto a famosi brand di moda occidentali. La normativa cinese sulla pubblicità prevede dei canoni molto rigorosi circa l’adeguatezza di un messaggio pubblicitario per il pubblico cinese soprattutto in tema di alcolici.

Vendita

Anche la fase di vendita deve essere pensata in versione digitale. Sarebbe inutile gareggiare solo sugli scaffali dei supermercati cinesi dove impera il vino dei concorrenti francesi, americani e australiani.

Il Cross-border e-commerce rappresenta per le aziende italiane una via più semplice per vendere il proprio vino in Cina. Il modello del cross border e-commerce permette alla aziende estere (anche se non hanno un presenza fisica in Cina) di vendere il proprio prodotto attraverso piattaforme e-commerce cinesi autorizzate. Questo modello di vendita presenta delle facilitazioni: non è richiesta la traduzione dell’etichetta in caratteri cinesi; il prezzo finale del prodotto pagato dal consumatore sconta meno tasse e imposte applicate al momento dell’acquisto.

Da ultimo, non bisogna dimenticare che quando si vende in Cina ovviamente si applicano le regole di quel paese per i contratti e per i marchi.

Tutela del Marchio

I diritti di esclusiva sul proprio marchio italiano non vengono riconosciuti automaticamente nel territorio cinese. Per proteggere il proprio marchio in Cina è necessaria la registrazione presso il registro marchi cinese (CNIPA). La registrazione del marchio è buona cosa farla a proprio nome depositando la domanda di registrazione possibilmente prima di esportare il vino. La registrazione in Cina inoltre, permette di proteggere meglio il proprio brand anche contro la contraffazione online e altri fenomeni come il cybersquatting ( registrazione a scopo speculativo di un dominio internet corrispondente al marchio altrui).

Contratti

Gli affari commerciali verso clienti o distributori sono regolati anch’essi dalla legge cinese (salvo redigere clausole speciali di deroga alla legge cinese). Anche in Cina non serve un contratto scritto per creare vincoli commerciali, del resto la prassi –sbagliata – del commercio è proprio quella di evitare dettagliati contratti scritti pensando di arrivare prima alla conclusione dell’affare.

Chiarito questo, se vi propongono di sottoscrivere un contratto dinanzi un notaio cinese (con fantomatiche spese da anticipare) probabilmente vi stanno raggirando.

Uno scambio di email può essere già sufficiente a creare vincoli commerciali, pertanto, è necessario prestare sempre la massima attenzione in quello che si scrive o si risponde nelle comunicazioni con il cliente o il distributore. La scelta migliore ovviamente è quella di proporre un vostro contratto per regolare gli aspetti principali della vostra relazione commerciale.

Con la firma di un contratto si otterrà uno strumento per intendersi senza ambiguità con l’altra parte, superando la barriera linguistica e culturale, riducendo i rischi commerciali e garantendosi così la protezione del proprio fatturato.

Raffaele Covelli

Raffaele Covelli
Avvocato

Da più di dieci anni porto valore alle imprese che operano nel commercio estero tra Europa e Asia, prestando assistenza sulla contrattualistica internazionale e protezione della proprietà intellettuale.